dimanche 13 avril 2008
vendredi 11 avril 2008
50° anniversario di Liberazione
A SICULIANA LA PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI ZAMBITO
SICULIANA (AGRIGENTO) 7 AGO.(Italia Estera) - "Il 25 Aprile 1995. I mass-media e il 50° anniversario di Liberazione". È il titolo del libro di Giovanni Zambito, Aletti Editore (pag. 176, 22,50 euro), che verrà persentato domani, 8 agosto, a Siculiana, in provincia di Agrigento. L’incontro si terrà nel Salone del Santuario del Crocifisso, dove oltre all’autore, è prevista la relazione della poetessa Giuseppina Mira e del giornalista Gaetano Ravanà. Moderatore Don Salvatore Raso, Arciprete di Siculiana.
Il volume fa una panoramica sull’attenzione riservata dalla stampa italiana al cinquantenario della Liberazione, quando cioè nel lontano 1945 l’Italia, in particolare la parte settentrionale, fu liberata dall’occupazione nazista e fascista."Quante volte si sente dire in discorsi importanti o si legge nelle pagine introduttive di un libro o un saggio di storia – afferma Zambito - che per l’uomo di oggi è essenziale non perdere il ricordo di ciò che è stato nel suo passato; di considerare che non si è altro che il frutto del proprio trascorso sia individuale che collettivo!. Questo lavoro potrebbe essere benissimo inquadrato in un’ottica del genere. Qui non si fa riferimento solamente all’uso che l’informazione fa del passato ma anche a un certo modo di scrivere che a tratti risulta piacevole e originale, a volte pomposo e prolisso. Ovvio lo spazio attribuito agli storici che per il Cinquantenario della Liberazione hanno scritto, commentato ed elaborato ricostruzione storiche".
Zambito raccoglie infatti le testimonianze di quanti hanno vissuto quel giorno, sia in qualità di soli testimoni, che di quanti parteciparono alla Resistenza. Inoltre riesce a raccogliere il ricordo di Norberto Bobbio, che rappresenta la tradizione antifascista laica.
Presenti nel libro anche note di costume e di curiosità dell’epoca attraverso il contributo delle iniziative pensate in vista dell’anniversario di Liberazione.
Viene inoltre descritta l’Italia del giorno dopo la Liberazione, come la notizia viene appresa nelle principali città italiane, da Milano, a Roma, a Napoli e poi come i media hanno trattato nel corso degli anni i vari anniversari fino al 50°.
"Alla fine della ricerca – evidenzia l’autore - di una cosa mi sono maggiormente convinto: nel nostro bel Paese non ci si stanca mai di creare "vespai di polemiche" pure per questioni e diatribe che potrebbero benissimo arrivare a una definitiva e pacifica risoluzione tenendo sempre presenti le diversità di pensiero legittime in una democrazia. Per non parlare del poco diffuso senso patriottico. Qualche miglioramento a livello di sensibilità a tal riguardo si è registrato da quando Carlo Azeglio Ciampi è diventato Presidente della Repubblica. Con i suoi continui e pertinenti richiami alla comune nostra identità patriottica, in nome di una comune appartenenza alla Nazione, sembra aver ridestato orgogli sopiti e intorpiditi. È stato Ciampi ad aver reso il 2 giugno di nuovo festa nazionale, con tanto di rosso nel calendario e ad aver restituito lustro alla parata della Repubblica con una partecipazione massiccia della popolazione".
"Proprio l’ex Capo dello Stato, tramite il Segreteriato Generale del Quirinale, - spiega - mi ha fatto pervenire alcuni passi di suoi discorsi fatti in occasione della celebrazione del 25 aprile del 2003 e del 2004, una festa che rappresenterà sempre un momento di formazione civile, di memoria, di speranza per il futuro, di riflessione sui valori che uniscono, tengono viva e vitale la Nazione: i valori della Costituzione repubblicana".
"Nell'analisi degli articoli o delle cronache televisive – commenta Giovanni Zambito - si è tenuto conto anche di come certe notizie sono state riportate e la rilevanza che hanno assunto sia all'interno della stessa testata sia nel dialogo e nel confronto generale sull'argomento. È indubbio che la festa del 25 aprile pone tuttora interrogativi, suscita dispute e sollecita pubblicazioni. Tutto ciò non fa che con¬fermare che la memoria della Resistenza è un patrimonio ancora vivo, capace di unire e ispirare forze politiche e culturali diverse che si riconoscono nei valori comuni dell'antifascismo, dall'area cattolica a quella liberaldemocratica, dall'area socialista a quella marxista della sinistra radicale".
Il primo volume analizza, infatti, le caratteristiche del dibattito politico sulla memoria della Resistenza attraverso la lente dei discorsi pronunciati in occasione della Liberazione dalle più importanti cariche istituzionali - da Gronchi a Ciampi - e dai politici più in vista, da De Gasperi a Moro, da Nenni a Togliatti, da Almirante a Fini.
Al centro del secondo volume la memoria del 25 aprile è vista divisa non solo tra fascismo e antifascismo, ma anche per le spacca¬ture interne allo schieramento antifascista: tra una "memoria rossa" (delle sinistre) e una "memoria grigia" (della Dc), una impolitica e una iperpolitica.
"Si è cercato di tracciare – prosegue l’autore - le coordinate fondamentali di un dibattito ancora aperto, che continua a essere vissuto con passione e coinvolgimento anche se non da tutti gli italiani: si pensi ai fatti dell'ultimo anniversario. Una "tiepidezza" nei confronti della ricorrenza è favorita dalla scarsa consapevolezza circa la realtà storica del fascismo, declassato da moderno esperimento totalitario a una "dittatura benigna", a un regime in fin dei conti benevolo, non privo di meriti storici. È pertanto urgente affrontare il nodo storico e storiografico del fascismo: la memoria della Resistenza ne uscirebbe rinvigorita".
"La Einaudi – conclude - ha ripubblicato le Lettere dei condannati a morte della Resistenza con la prefazione di Gustavo Zagrebebky, che con queste parole chiude la nostra rassegna: "Chiunque anche oggi leggerà queste "Lettere" vi troverà un'altra Italia e non potrà non domandarsi se davvero non ci sia più bisogno di quella voce o se, al contrario, non si debba fare di tutto per tramandarla e mantenerla viva nella coscienza, come radice da cui attingere forza".
Giovanni Zambito, nato a Siculiana, è docente di Lettere e Latino al Liceo "Vittoria Colonna" di Roma e dottorando di Ricerca in Italianistica presso l’Università di "Tor Vergata". Del dicembre 2004 è il suo saggio "Roso Malpelo, Ciaula e altri volti", presente in "Il Volto del Santo", edito dal Consorzio Universitario della Provincia Agrigento.
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http://www.misteriditalia.it/lamafia/cosa-nostra/MAFIA(cronologia).pdf
SICULIANA (AGRIGENTO) 7 AGO.(Italia Estera) - "Il 25 Aprile 1995. I mass-media e il 50° anniversario di Liberazione". È il titolo del libro di Giovanni Zambito, Aletti Editore (pag. 176, 22,50 euro), che verrà persentato domani, 8 agosto, a Siculiana, in provincia di Agrigento. L’incontro si terrà nel Salone del Santuario del Crocifisso, dove oltre all’autore, è prevista la relazione della poetessa Giuseppina Mira e del giornalista Gaetano Ravanà. Moderatore Don Salvatore Raso, Arciprete di Siculiana.
Il volume fa una panoramica sull’attenzione riservata dalla stampa italiana al cinquantenario della Liberazione, quando cioè nel lontano 1945 l’Italia, in particolare la parte settentrionale, fu liberata dall’occupazione nazista e fascista."Quante volte si sente dire in discorsi importanti o si legge nelle pagine introduttive di un libro o un saggio di storia – afferma Zambito - che per l’uomo di oggi è essenziale non perdere il ricordo di ciò che è stato nel suo passato; di considerare che non si è altro che il frutto del proprio trascorso sia individuale che collettivo!. Questo lavoro potrebbe essere benissimo inquadrato in un’ottica del genere. Qui non si fa riferimento solamente all’uso che l’informazione fa del passato ma anche a un certo modo di scrivere che a tratti risulta piacevole e originale, a volte pomposo e prolisso. Ovvio lo spazio attribuito agli storici che per il Cinquantenario della Liberazione hanno scritto, commentato ed elaborato ricostruzione storiche".
Zambito raccoglie infatti le testimonianze di quanti hanno vissuto quel giorno, sia in qualità di soli testimoni, che di quanti parteciparono alla Resistenza. Inoltre riesce a raccogliere il ricordo di Norberto Bobbio, che rappresenta la tradizione antifascista laica.
Presenti nel libro anche note di costume e di curiosità dell’epoca attraverso il contributo delle iniziative pensate in vista dell’anniversario di Liberazione.
Viene inoltre descritta l’Italia del giorno dopo la Liberazione, come la notizia viene appresa nelle principali città italiane, da Milano, a Roma, a Napoli e poi come i media hanno trattato nel corso degli anni i vari anniversari fino al 50°.
"Alla fine della ricerca – evidenzia l’autore - di una cosa mi sono maggiormente convinto: nel nostro bel Paese non ci si stanca mai di creare "vespai di polemiche" pure per questioni e diatribe che potrebbero benissimo arrivare a una definitiva e pacifica risoluzione tenendo sempre presenti le diversità di pensiero legittime in una democrazia. Per non parlare del poco diffuso senso patriottico. Qualche miglioramento a livello di sensibilità a tal riguardo si è registrato da quando Carlo Azeglio Ciampi è diventato Presidente della Repubblica. Con i suoi continui e pertinenti richiami alla comune nostra identità patriottica, in nome di una comune appartenenza alla Nazione, sembra aver ridestato orgogli sopiti e intorpiditi. È stato Ciampi ad aver reso il 2 giugno di nuovo festa nazionale, con tanto di rosso nel calendario e ad aver restituito lustro alla parata della Repubblica con una partecipazione massiccia della popolazione".
"Proprio l’ex Capo dello Stato, tramite il Segreteriato Generale del Quirinale, - spiega - mi ha fatto pervenire alcuni passi di suoi discorsi fatti in occasione della celebrazione del 25 aprile del 2003 e del 2004, una festa che rappresenterà sempre un momento di formazione civile, di memoria, di speranza per il futuro, di riflessione sui valori che uniscono, tengono viva e vitale la Nazione: i valori della Costituzione repubblicana".
"Nell'analisi degli articoli o delle cronache televisive – commenta Giovanni Zambito - si è tenuto conto anche di come certe notizie sono state riportate e la rilevanza che hanno assunto sia all'interno della stessa testata sia nel dialogo e nel confronto generale sull'argomento. È indubbio che la festa del 25 aprile pone tuttora interrogativi, suscita dispute e sollecita pubblicazioni. Tutto ciò non fa che con¬fermare che la memoria della Resistenza è un patrimonio ancora vivo, capace di unire e ispirare forze politiche e culturali diverse che si riconoscono nei valori comuni dell'antifascismo, dall'area cattolica a quella liberaldemocratica, dall'area socialista a quella marxista della sinistra radicale".
Il primo volume analizza, infatti, le caratteristiche del dibattito politico sulla memoria della Resistenza attraverso la lente dei discorsi pronunciati in occasione della Liberazione dalle più importanti cariche istituzionali - da Gronchi a Ciampi - e dai politici più in vista, da De Gasperi a Moro, da Nenni a Togliatti, da Almirante a Fini.
Al centro del secondo volume la memoria del 25 aprile è vista divisa non solo tra fascismo e antifascismo, ma anche per le spacca¬ture interne allo schieramento antifascista: tra una "memoria rossa" (delle sinistre) e una "memoria grigia" (della Dc), una impolitica e una iperpolitica.
"Si è cercato di tracciare – prosegue l’autore - le coordinate fondamentali di un dibattito ancora aperto, che continua a essere vissuto con passione e coinvolgimento anche se non da tutti gli italiani: si pensi ai fatti dell'ultimo anniversario. Una "tiepidezza" nei confronti della ricorrenza è favorita dalla scarsa consapevolezza circa la realtà storica del fascismo, declassato da moderno esperimento totalitario a una "dittatura benigna", a un regime in fin dei conti benevolo, non privo di meriti storici. È pertanto urgente affrontare il nodo storico e storiografico del fascismo: la memoria della Resistenza ne uscirebbe rinvigorita".
"La Einaudi – conclude - ha ripubblicato le Lettere dei condannati a morte della Resistenza con la prefazione di Gustavo Zagrebebky, che con queste parole chiude la nostra rassegna: "Chiunque anche oggi leggerà queste "Lettere" vi troverà un'altra Italia e non potrà non domandarsi se davvero non ci sia più bisogno di quella voce o se, al contrario, non si debba fare di tutto per tramandarla e mantenerla viva nella coscienza, come radice da cui attingere forza".
Giovanni Zambito, nato a Siculiana, è docente di Lettere e Latino al Liceo "Vittoria Colonna" di Roma e dottorando di Ricerca in Italianistica presso l’Università di "Tor Vergata". Del dicembre 2004 è il suo saggio "Roso Malpelo, Ciaula e altri volti", presente in "Il Volto del Santo", edito dal Consorzio Universitario della Provincia Agrigento.
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Vicende storiche a Siculiana
http://www.giuseppebasile.info/default.htm
Tra le campagne militari cui partecipò il NOSTRO, nel 1860, 1862 e 1866, mancano quelle del 1867 a Mentana e del 1870 a Digione, in quanto la morte lo colse sventuratamente durante la cura dei colerosi nel 1867. Infatti quell'anno il BASILE si trovava a Caprera presso il Generale Garibaldi, quando un'epidemia colerica colpì pesantemente la popolazione di Siculiana. Egli raggiunse immediatamente il suo paese natale perché erano stati colpiti dal terribile morbo i suoi fratelli, Onofrio (sacerdote) e Luigi (farmacista). Mentre Luigi riuscì a salvarsi dalla funesta epidemia, Onofrio perì unitamente al suo valoroso fratello Giuseppe, finendo entrambi in fossa comune, alla stregua di centinaia di altri cadaveri.Poco o niente si conosce della vita privata del BASILE; l'unico documento dal quale traspare una certa situazione personale è una lettera della Contessa Teresita Giusti, di nobile famiglia padovana, indirizzata al NOSTRO. Questo manoscritto, di struggente ardore, mette a fuoco l'esistenza di una relazione amorosa contrastata e prossima all'addio; esso si può considerare come presagio inconscio della morte del BASILE: infatti la lettera reca la data 13 maggio 1867, mentre il NOSTRO morì il 16 giugno 1867. Il Professore Ugo De Maria, citato nelle note bibliografiche , riferiva nel 1942, in una lettera indirizzata agli eredi del Basile,dell'esisteza di alcune lettere a lui scritte dalla Marchesa Martini che fu infermiera dei Garibaldini a Milazzo dove opero' il Basile e che e' ricordata, col titolo nobiliare di Contessa , anche da Montanelli e Nozza nel libro "Garibaldi". A tale proposito sono in corso ricerche per accertare l'esistenza di questo citato epistolarioScrive il De Maria nel suo citato articolo sul Giornale di Sicilia del 29 agosto 1942 " Garibaldi, quando gli giunse la notizia della morte del BASILE ne pianse amaramente e lasciò scritte per lui certe parole che sono la più bella di tutte le epigrafi " e che sono contenute in una lettera inviata a Salvatore Cappello - garibaldino di stirpe palermitana e amico del BASILE - spedita da Monzummanno in data 27 giugno 1867: Mio caro CappelloChi ha testimoniato le cure gentili e filiali che mi prodigarono i miei cari Ripari, Albanese e Basile - durante il pericolo della mia ferita del '62 - capirà quanto dolorosa mi sia la perdita del martire di Siculiana. Modello di patriottismo, di abilità e di valore, il nostro Giuseppe lascia nelle file dei propugnatori della libertà italiana un vuoto immenso, e tra i propugnatori dei figli del Vespro un nome che abbella la storia della nostra redenzione. Io assisterò coll' anima al convoglio funebre dell' amico del mio cuore e fratello d' armi e sonoVostroG. GaribaldiPurtroppo questa lettera faceva parte del gruppo di sei epistole che,come detto, andarono smarrite nel periodo bellico 1940-1945, e che fortunatamente si conserva riprodotta sul Giornale di Sicilia del 29 agosto 1942, già citatoLo storico Gaetano Falzone, nel suo libro "SICILIA 1860" scrivendo del BASILE afferma "… la sua fu una vita dunque intensa, un apostolato civile che non teme confronti. I medici palermitani possono considerarlo il più vivace fra essi e il più generoso di sé…".
Lo storico -poeta di Siculiana, Professore Stefano Bissi ha dedicato due sue liriche al prode Chirurgo Garibaldino e ai Garibaldini Siculianesi.
Tra le campagne militari cui partecipò il NOSTRO, nel 1860, 1862 e 1866, mancano quelle del 1867 a Mentana e del 1870 a Digione, in quanto la morte lo colse sventuratamente durante la cura dei colerosi nel 1867. Infatti quell'anno il BASILE si trovava a Caprera presso il Generale Garibaldi, quando un'epidemia colerica colpì pesantemente la popolazione di Siculiana. Egli raggiunse immediatamente il suo paese natale perché erano stati colpiti dal terribile morbo i suoi fratelli, Onofrio (sacerdote) e Luigi (farmacista). Mentre Luigi riuscì a salvarsi dalla funesta epidemia, Onofrio perì unitamente al suo valoroso fratello Giuseppe, finendo entrambi in fossa comune, alla stregua di centinaia di altri cadaveri.Poco o niente si conosce della vita privata del BASILE; l'unico documento dal quale traspare una certa situazione personale è una lettera della Contessa Teresita Giusti, di nobile famiglia padovana, indirizzata al NOSTRO. Questo manoscritto, di struggente ardore, mette a fuoco l'esistenza di una relazione amorosa contrastata e prossima all'addio; esso si può considerare come presagio inconscio della morte del BASILE: infatti la lettera reca la data 13 maggio 1867, mentre il NOSTRO morì il 16 giugno 1867. Il Professore Ugo De Maria, citato nelle note bibliografiche , riferiva nel 1942, in una lettera indirizzata agli eredi del Basile,dell'esisteza di alcune lettere a lui scritte dalla Marchesa Martini che fu infermiera dei Garibaldini a Milazzo dove opero' il Basile e che e' ricordata, col titolo nobiliare di Contessa , anche da Montanelli e Nozza nel libro "Garibaldi". A tale proposito sono in corso ricerche per accertare l'esistenza di questo citato epistolarioScrive il De Maria nel suo citato articolo sul Giornale di Sicilia del 29 agosto 1942 " Garibaldi, quando gli giunse la notizia della morte del BASILE ne pianse amaramente e lasciò scritte per lui certe parole che sono la più bella di tutte le epigrafi " e che sono contenute in una lettera inviata a Salvatore Cappello - garibaldino di stirpe palermitana e amico del BASILE - spedita da Monzummanno in data 27 giugno 1867: Mio caro CappelloChi ha testimoniato le cure gentili e filiali che mi prodigarono i miei cari Ripari, Albanese e Basile - durante il pericolo della mia ferita del '62 - capirà quanto dolorosa mi sia la perdita del martire di Siculiana. Modello di patriottismo, di abilità e di valore, il nostro Giuseppe lascia nelle file dei propugnatori della libertà italiana un vuoto immenso, e tra i propugnatori dei figli del Vespro un nome che abbella la storia della nostra redenzione. Io assisterò coll' anima al convoglio funebre dell' amico del mio cuore e fratello d' armi e sonoVostroG. GaribaldiPurtroppo questa lettera faceva parte del gruppo di sei epistole che,come detto, andarono smarrite nel periodo bellico 1940-1945, e che fortunatamente si conserva riprodotta sul Giornale di Sicilia del 29 agosto 1942, già citatoLo storico Gaetano Falzone, nel suo libro "SICILIA 1860" scrivendo del BASILE afferma "… la sua fu una vita dunque intensa, un apostolato civile che non teme confronti. I medici palermitani possono considerarlo il più vivace fra essi e il più generoso di sé…".
Lo storico -poeta di Siculiana, Professore Stefano Bissi ha dedicato due sue liriche al prode Chirurgo Garibaldino e ai Garibaldini Siculianesi.
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mercredi 9 avril 2008
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